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Diventare madre non significa essere felici.

Non da subito, almeno.

Un’affermazione forte e un po’ scomoda da recepire, mi rendo conto.

Forse per qualcuno suonerà come un affronto alla vita e alla capacità, così unica e straordinaria, della donna di generare vita.

Ma il mio intento non è certo mettere in discussione la  straordinarietà di questa esperienza, che conferisce alla donna una grandezza “ creatrice”.

Mi riferisco a una percezione che avrai probabilmente sperimentato tu stessa, e  che forse  non sarai riuscita a mentalizzare. E cioè che la nascita di un bambino e, quindi, il momento in cui ne diventi la madre, concretamente, non porta con sé solo emozioni di gioia e di felicità, come alcune immagini idealizzanti ci vogliono far credere.

Preoccupazione, tristezza, senso di colpa, frustrazione, persino rabbia e paura sono altre emozioni che molte donne, e forse anche  tu  fra queste, si trovano a sperimentare inizialmente e quasi ogni giorno, ma che difficilmente sentono di poter esprimere.

Come suggerisce sapientemente lo psichiatra Daniel Stern, dare alla luce la nuova identità di madre può essere tanto impegnativo e sconvolgente quanto dare alla luce un bambino.


Avvertirai tu stessa, o hai già avvertito, che diventare madre è una delle trasformazioni più significative che tu abbia mai sperimentato nella tua vita.


Questo processo di cambiamento, questa fase di passaggio così significativa viene definita dagli antropologi “matrescenza”,   proprio perché  la si assimila al periodo dell’ adolescenza. 

Infatti, se ci pensi bene, i cambiamenti, fisici, ormonali, emotivi e psicologici, tipici del periodo adolescenziale trovano  dei corrispettivi perfetti nei  cambiamenti che tu come donna sperimenti durante la gravidanza, il puerperio e  i primi anni di vita del bambino.

Naturalmente, questa transizione è significativa e sconvolgente anche per i papà e partner, ma tu, per natura, ti trovi a  sperimentare dei cambiamenti ad un livello più profondo, che possono portarti a vivere esperienze fisiche ed emotive molto intense.

Avere una visione più profonda e ampia delle  tue emozioni ti permette di regolarle meglio e di avere quindi una maggiore consapevolezza dei tuoi comportamenti e a guidarli meglio.

Per questo, anche quando l’attenzione è inevitabilmente rivolta al bambino  e concentrata su di lui, dare spazio ai tuoi stati emotivi, alle tue sensazioni, ai tuoi pensieri, può aiutarti a crescere meglio come donna e, di conseguenza, come madre.

Le madri che hanno una maggiore consapevolezza dei propri vissuti emotivi riescono ad essere più empatiche con i loro figli e più sintonizzate con i loro bisogni.

Per questo, conoscere le sfide della matrescenza  ti aiuterà a “normalizzare”, che significa anche “ accettare” quello che sperimenti come neomamma.

Quali sono gli aspetti chiave da conoscere?

1)Cambiamento delle dinamiche familiari: avere un bambino è un atto di creazione. Concludere la  gravidanza non significa solo dare vita ad un nuovo essere umano, ma anche creare una nuova famiglia.

Sembra un concetto scontato e banale, ma non lo è affatto.

Infatti, il bambino è un vero e proprio catalizzatore che, da una parte, aprirà nuove possibilità per connessioni più intime fra i membri della famiglia, ma dall’altra sarà fonte di sfide continue per le relazioni fra te e il tuo partner, fra te e la tua famiglia, fra te e i tuoi amici.

2)Ambivalenza:  un sentimento forse scomodo che puoi sentire emergere dentro di te rispetto ai ruoli che rivesti nelle tue relazioni su  cui investi di più. Nella maggior parte dei casi, l’esperienza della maternità non è esclusivamente “positiva” o  esclusivamente “negativa”, ma  richiede di essere letta  come un continuum ricco di sfumature, dove i momenti positivi e quelli negativi si prendono per mano e talvolta si intrecciano indissolubilmente, proprio come indissolubile è stato, durante la gravidanza, il legame tra te e il tuo bambino.  Si tratta perciò  di imparare ad accogliere il disagio dell’ambivalenza.

3)Fantasia VS realtà: quando nasce il tuo bambino, ti trovi ad aver già sviluppato dei sentimenti ben chiari nei confronti del suo bambino”immaginario”, quello che hai idealizzato nella tua mente. Infatti, mentre la tua gravidanza avanza, tu crei e ed elabori una storia sul tuo bambino, una storia che si  colora sempre più di un arcobaleno di  emozioni.

 Ti accorgerai che queste tue fantasie sulla gravidanza e sulla maternità in generale  sono costruite a partire dalle tue osservazioni, dalle esperienze di tua madre e di altri parenti e amiche, dalle loro storie e racconti.

La potenza di queste fantasie e dei sogni ad occhi aperti è tale che potrebbero essere deluse e disattese dalla realtà,  se questa non si allinea ad esse. Per questo è importante prenderne consapevolezza e sapere che queste fantasie hanno una loro funzione, ovvero preparare il tuo terreno interiore, ma non possono costituire il metro di paragone  della realtà.

4) Colpa, vergogna e “La buona madre”: nella tua mente trova spazio anche la “madre ideale”.

Quella che è sempre allegra e felice, che vuole e riesce a mettere sempre al primo posto i bisogni di suo figlio.

Quella che ha poche esigenze per sé, che è disposta a tutto pur di far star bene il suo bambino.

Quella che non prende mai decisioni di cui poi si rammarichi o si senta in colpa. Tu, insieme a moltre altre donne, ti confronti con questa madre ideale, ma il risultato di tale paragone   comporta quasi sempre una grande dose di frustrazione.

E sai perché? 

Semplicemente perché questa madre non esiste: è una fantasia.

Puntare alla perfezione come madre rischia di farti sentire solo inadeguata, non all’altezza e piena di sensi di colpa. Per non parlare di quel senso di vergogna che si affaccia prepotente e che ti  sussurra che  c’è qualcosa di sbagliato in te. Questo è spesso il risultato del  confronto con uno standard irrealistico e irraggiungibile.

La maggior parte delle donne non parla di vergogna perché di solito si tratta di qualcosa che non vogliono che nessun altro sappia. La vergogna è la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in noi .

Ma c’è anche la vergogna di parlare apertamente delle proprie  emozioni articolate, per paura di sentirsi giudicata.

Sentirti persa e spaesata, in bilico tra chi chi eri prima della maternità e chi pensi di dover essere adesso, è assolutamente normale. Molti si preoccupano che ci qualcosa sia di sbagliato in questo: in realtà, questo tipo disagio ti accomuna a molte altre donne.

Per questo, essere consapevole delle ragioni di questi stati d’animo e sentirti a  tuo agio nel parlarne è fondamentale per crescere come madre ben adattata, che sta “semplicemente” sperimentando una trasformazione significativa nella sua transizione alla maternità.

(articolo ispirato al TED Talk di Alexandra Sacks)